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la Lettera Aperta che chiede di modificare i trattati europei sulla gestione dell'Euro


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Programma per le elezioni politiche 2013 del movimento 'La Nostra Italia' 

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L'Italia e l'Europa 

L'Unione monetaria europea sta attraversando dallo scorso anno una delle più gravi crisi della sua storia. La situazione attuale, meglio conosciuta come la "crisi dell'euro", causata dall'enorme debito pubblico di alcuni paesi membri e del settore bancario, minaccia l'integrazione europea nel suo insieme. E' stato necessario salvare prima la Grecia(default pilotato), poi l'Irlanda e il Portogallo dalla bancarotta, attraverso aiuti finanziari europei comuni, il cui obiettivo era di garantire la solvibilità di questi stati ed evitare il fallimento nazionale che avrebbe avuto ripercussioni imprevedibili per lo spazio monetario europeo. L'Unione europea ha stanziato un aiuto provvisorio per un totale di 750 miliardi di euro che, a partire dal 2013, dovrà portare alla creazione di un meccanismo europeo di stabilità. Era ed è un obbligo sostenere congiuntamente gli stati europei colpiti da una grave crisi finanziaria e istituire un meccanismo di protezione stabile dell'euro nel suo complesso. Le misure di protezione ed i piani di salvataggio sono oggi ancora troppo limitati e possono non essere sufficienti a fare uscire l'Europa e la moneta unica fuori dalla crisi. Essi affrontano solo i sintomi ma non cercano di capire e di contrastare le cause profonde delle crisi finanziarie degli stati e delle banche. Bisogna dunque riformare in profondità la politica economica, finanziaria e sociale europea nel quadro di un governo economico europeo democraticamente legittimato e dotato di ampi poteri di intervento. I capi di stato e di governo europei, in maggioranza conservatori e liberali, e soprattutto la cancelliera tedesca e il presidente Sarkozy, si sono rifiutati per troppo tempo di discutere di una governance economica europea. Non l'hanno saputa anticipare e hanno dimostrato di non avere quella visione politica 
di cui l'Europa avrebbe avuto bisogno durante la crisi. L'Europa
governata dai conservatori ha esitato troppo. Le decisioni assunte all'ultimo Consiglio di
Marzo 2011- riforma del patto di stabilità e di crescita, accordo sui principi di un
meccanismo di stabilità europeo permanente e su un patto per l'euro - sono ben al di sotto del grande slancio politico necessario ad attuare un vero governo economico europeo. Sono iniziative incentrate sul rigore di bilancio, sull'austerità, considerata come la via maestra per far uscire l'Unione europea dalla crisi.

Si tratta di un approccio alquanto sbagliato e pericoloso. Riduce la crisi monetaria europea ad una crisi di indebitamento dei paesi membri e dimentica così totalmente la causa principale della crisi attuale dell'euro: la crisi dei mercati finanziari internazionali scatenata da un'enorme speculazione che ha costretto a più riprese gli Stati membri dell'Unione europea ad indebitarsi per impedire il crollo totale dei mercati finanziari.

Sono i contribuenti che alla fine pagheranno il conto della crisi. Per colpa dei conservatori europei, le banche e gli speculatori, le cui operazioni finanziarie rischiose hanno provocato la crisi stessa, ne usciranno senza alcuna conseguenza. Questo non può essere né economicamente né socialmente accettabile. Le iniziative e le riforme attuali sono insufficienti perché prescrivono una via, quella dell'austerità economica, come unico rimedio universale per tutti i paesi membri. Esse dimenticano le disparità economiche e gli squilibri esistenti tra gli stati membri dell'UE e, cosi facendo, rischiano di accentuare le fratture economiche invece di sanarle. Un esempio: le ricette economiche adottate in Grecia per risolvere la crisi sono assai eloquenti di tale disfatta. La troika (ovvero la commissione europea di Bruxelles, la Bce e il Fondo monetario internazionale) con la ricetta di «sangue, lacrime e sudore» applicata all'economia greca ha prodotto difatti risultati catastrofici sia nella sua società che nella sua economia. Destino che sarà riservato a tutti gli stati membri dell'Unione Europea, in tempi diversi, qualora continuassimo con tali inutili e soprattutto dannosi provvedimenti.
Anche le stesse privatizzazioni sono state un completo fallimento per la collettività.

In Italia abbiamo svenduto ai privati (senza diminuire il debito pubblico), le banche, le telecomunicazioni, le autostrade, l'energia per citare solo alcuni dei casi più eclatanti. E che cosa abbiamo ottenuto a distanza di un decennio dall'operazione di vendita? Che i costi sono pesantemente aumentati! Non è quindi vero che i privati gestiscono meglio e al costo più basso, ma abbiamo creato solo le migliori opportunità a chi vuole vivere di rendita.

Hanno mandato a casa molti dipendenti, non hanno più investito sulle loro attività ad eccezione del settore energetico, che è (guarda caso) ancora controllato dallo stato italiano, e la maggior parte delle aziende privatizzate sono piene di debiti ed impossibilitate ad investire.

In breve i costi dei servizi privatizzati aumentano per il semplice fatto che i privati
richiedono il profitto a differenza dello Stato che lo trascura, ma soprattutto lo Stato investe cosa che i privati stentano troppo spesso a fare, perché tendono ad impiegare il minor denaro possibile nell'attività.

In definitiva mancando gli investimenti abbiamo un servizio peggiore al costo più alto. Quindi basta alle privatizzazioni inutili e controproducenti per la collettività.

La nostra Proposta?

Questa non è solo una crisi monetaria e finanziaria, ma prima di tutto è industriale e sociale visto le enormi quantità di energia che consumiamo per far funzionare le nostre società. Energie che cominciano a scarseggiare e diventano giorno dopo giorno sempre più costose. Non possiamo non tener conto che è questo fattore, in realtà, quello scatenante la crisi.Pertanto non ci può essere crescita senza investire in maniera cospicua nella ricerca per avere altre fonti di energia che abbiano la stessa economicità ed abbondanza che ha avuto il petrolio negli ultimi 100 anni. Per far ripartire la crescita è quindi impensabile parlare di un rilancio dei consumi, processo che richiederebbe lo sfruttamento delle risorse naturali del pianeta, già ampiamente sovra sfruttate e non più economicamente disponibili a partire dalla fine degli anni Settanta. Infatti, da allora in poi, tutti i tentativi volti a riprendere il cammino della crescita economica hanno comportato più costi che benefici. 
Pertanto indichiamo due percorsi da fare parallelamente nell'immediato: 

un piano ventennale per portare il 50% dell'energia attualmente consumata ad essere prodotta da fonti completamente rinnovabili;
investimenti ingenti nella ricerca di nuovi modi per produrre energia con attenzione alle rinnovabili e alla fusione nucleare.

Contemporaneamente al tema energetico, occorrerà sviluppare un piano per la ricerca della piena occupazione grazie a:

una rilocalizzazione sistematica delle attività utili(agricoltura, industria, ecc ... )

una riconversione progressiva delle attività non più utili o nocive come ad esempio il nucleare (fatto con la fissione dell'atomo)

una diminuzione di spesa per gli armamenti

una riduzione programmata e significativa dell'orario di lavoro.

Naturalmente, questo programma è più facile da enunciare che da realizzare. Questo programma, in principio, seppur di leggera decrescita non pretende di fare economia di sangue, di lacrime e di sudore, ma di aprire la porta della speranza. In fondo, questo corrisponde a quanto proponevano Enrico Berlinguer, Aldo Moro e Giorgio Almirante già nel 1977 sotto il nome di austerità, che si deve però intendere nel senso della nostra abbondanza frugale: "Per noi l'austerità è il mezzo per contrastare alle radici e porre le basi del superamento di un sistema che è entrato in una crisi strutturale e di fondo, non congiunturale, di quel sistema i cui caratteri distintivi sono lo spreco e lo sperpero, l'esaltazione di particolarismi e dell'individualismo più sfrenato, del consumismo più dissennato" ». Non a caso era un pensiero comune di tre rappresentanti che ideologicamente non avevano niente in comune se non il benessere del popolo italiano.

Come lo attuiamo?

Per fare tutto questo è necessario il ricorso all'emissione di cartamoneta e quindi a un'inflazione controllata (diciamo circa il 3 per cento all'anno) rivedendo pertanto gli accordi comunitari.

Vogliamo una maggiore integrazione europea, ma dei POPOLI e non delle banche, come è adesso. Pertanto chiediamo di modificare i trattati firmati anche dall'Italia per permettere agli stati membri, con certi vincoli, di esercitare la sovranità monetaria sulla carta moneta e promuovere non i consumi, ma solo gli investimenti infrastrutturali. Come? Riprendendoci l'emissione delle banconote da parte dello stato, modificando i trattati europei al fine di:

"Consentire l'emissione monetaria diretta da parte di ciascun stato aderente all'Euro a fronte di investimenti in infrastrutture, per un ammontare massimo pari al 3% del Pii, in modo da non generare una consistente inflazione monetaria. Rimarrebbe inalterato il vincolo al deficit di bilancio previsto dal trattato di Maastricht, e ciò comporterebbe il pareggio di bilancio per tutti gli stati membri, mentre l'emissione della carta moneta da parte dei singoli stati avverrebbe solo sotto stretto controllo della BCE, per le sole spese in infrastrutture. AI mancato rispetto del suddetto vincolo, seguirebbero immediate sanzioni da parte della BCE attraverso la limitazione, fino all'azzeramento, delle successive emissioni monetarie statali."

Se non fosse possibile fare una vera integrazione europea dei popoli è evidente che non rimane altro che rimettere in doppia cicolazione la nostra moneta, la Lira, effettuando le seguenti operazioni:

  • nazionalizzazione delle funzioni di banca centrale
  • emissione a credito della nuova Lira per pagare gli investimenti effettuati dello stato

Vi ricordiamo che lo stato italiano possiede tutt'ora una struttura bancaria ben radicata nel territorio quale è le Poste Italiane S.p.A.

 

Le operazioni, prima citate, sono funzionali a liberare le risorse per la seconda fase che è quella che ci permetterà di sviluppare il
Programma per l'Italia


Stato e Cittadini

L'organizzazione attuale dello Stato
è
burocratica, costosa e inefficiente. Il Parlamento non rappresenta più i cittadini che non possono scegliersi il candidato, ma solo il simbolo del partito.

 

Giustizia

Processo civile:

Meno formalismi, più efficienza:


Perché chi delinque paghi davvero: 

Sicurezza

Più attenzione alle forze dell'ordine:

Economia Lavoro e Impresa


    1. fino a 7.000 E totalmente esente

    2. fino a 15.000 a115%

    3. Fino a 25.000 al 25%

    4. oltre al 30% 





Pensioni

Famiglia e diritti della persona

Scuola ed Università


Sanità


Ambiente

Immigrazione




 
 
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